Studio e ritrovamento dei documenti
La ricerca genealogica si fonda sul reperimento delle registrazioni delle nascite, dei matrimoni e, talora, delle morti degli ascendenti dell’attuale rappresentante. Tali registrazioni sono conservate in sedi archivistiche che variano col variare della regione geografica e dell’epoca. Per le epoche più recenti – dall’unità d’Italia ad oggi – la fonte archivistica primaria è rappresentata dall’Anagrafe o dall’Ufficio di Stato Civile del Comune di appartenenza. In Italia, infatti, il compito di registrare i movimenti demografici fu attribuito ai comuni con un Regio Decreto del 1864, ma spesso divenne veramente operativo solo alcuni anni dopo.
In realtà, lo Stato Civile fu introdotto in Italia da Napoleone nel 1804 e nelle regioni sotto il domino francese, rimase attivo fino al 1813-14. Nell’ex Regno di Napoli, esso entrò in vigore nel 1809 (nel 1820 in Sicilia) e si conservò fino al 1865. Copie dei registri sono normalmente conservate negli Archivi di Stato di competenza.
Catasto Onciario – Cos’è e cosa rappresenta
Altra importante fonte di notizie, per le regioni meridionali, è il “Catasto Onciario“. Questo documento di carattere demografico e fiscale, introdotto nel Regno di Napoli alla metà del ‘700, è oggi prezioso per lo studio di una comunità nella sua struttura demografica e familiare.
Esso ci dà una descrizione dei “componenti del fuoco“, cioè del gruppo di persone che viveva sotto lo stesso tetto e mangiava alla stessa tavola, persone unite da stretti rapporti di parentela e da solidarietà economica. Normalmente, oltre ai beni posseduti, nel documento sono indicati il nome, l’età ed il mestiere del capofamiglia, della moglie e delle altre persone presenti – in quel momento – nella famiglia.
Per il periodo precedente il XIX secolo, è essenziale il ricorso alle fonti archivistiche ecclesiastiche. Nel 1563, il Concilio di Trento, impose ai parroci la registrazione dei battesimi, delle cresime, dei matrimoni e delle morti dei loro parrocchiani. Inoltre essi redigevano lo “stato delle anime” consistente in una specie di censimento con “stato di famiglia” e, quindi, assai utile ai fini genealogici.
Altro caso particolare ed a parte riguarda quei territori che tra il 1816 ed il 1866 appartenevano al Regno Lombardo-Veneto sotto la dominazione austriaca.
I parroci di allora, infatti, oltre a tenere i normali registri canonici erano tenuti a redigere anche i registri civili. Ecco spiegato il motivo per cui nella stessa parrocchia, per queste regioni, esiste una doppia registrazione dell’anagrafe locale.
Purtroppo, in alcuni casi, terremoti, guerre, incendi, alluvioni e l’incuria dell’uomo, hanno portato alla distruzione totale, o parziale, di questi archivi; fortunatamente, alcune Diocesi hanno provveduto a raccogliere gli archivi parrocchiali più antichi negli Archivi Diocesani dove sono ancora conservati. In qualche regione, gli antichi registri parrocchiali sono conservati negli Archivi di Stato, ma talvolta risultano smembrati e suddivisi tra questi e alcuni Archivi Comunali, rendendo più ardua la ricerca.